Il mese di Agosto rappresenta per me la fine dell’anno lavorativo.
Con le ferie estive sono portata spontaneamente a fare un bilancio dell’anno lavorativo appena concluso, un anno intenso ed impegnativo, ma ricchissimo di soddisfazioni.
Alcune delle persone che ricevo, esordiscono nel colloquio dicendo che mi ammorberanno con i loro problemi e chiedendomi chi me lo faccia fare di stare ad ascoltarli.
Io rispondo dicendo che sono in studio dalla mattina alla sera.
Dietro alle sofferenze di chi mi si affida, so con certezza che ci sono moltissime risorse che non sanno ancora di avere, o che hanno già usato, dimenticandosene. So che quella sofferenza porta un messaggio che aspetta solo di essere svelato.
Lo so grazie ai miei studi, per esperienza personale e grazie all’esperienza clinica conseguita negli anni.
Svolgendo questa professione ho il privilegio – conquistato con costanza e dedizione – di assistere allo schiudersi di tante perle: la conquista della fiducia in sé, il superamento di eventi dolorosi, la conoscenza del proprio desiderio, il ritrovamento di antichi sogni, la scoperta del proprio modo unico di essere al mondo, la trasformazione delle proprie ferite in punti di inserimento per le ali.
Spesso ci si affeziona alla propria sofferenza perché è conosciuta, familiare, in qualche modo persino confortevole.
Però arriva un momento in cui non se ne può più, e si arriva a chiedere di essere accompagnati in un luogo ignoto, quello della possibilità di vedere se s’è un altro modo di affrontare la propria vita.
Chi ho accompagnato? Chi sto conducendo?
Le richieste maggiori che ho ricevuto quest’anno riguardano i disagi che vengono dall’ansia, questo fenomeno naturale che servirebbe per segnalarci un pericolo o per fare il pieno di energie fisiche e mentali per affrontare una prova impegnativa.
A piccole dosi è funzionale, ma se l’ansia raggiunge picchi elevati e per periodi prolungati può diventare invalidante, cioè può compromettere significativamente la qualità della vita. L’ansia è uno stato di attivazione del corpo e della mente, il nostro sistema nervoso autonomo è pronto per affrontare qualcosa…non sapendo di preciso cosa ci sia da affrontare! L’ansia invalidante, infatti, viene fuori in situazioni apparentemente conosciute o, addirittura, in momenti in cui si potrebbe stare rilassati. L’ansia come fenomeno è destabilizzante perché si avverte un pericolo costante senza sapere di che pericolo si tratta. Il corpo quindi è teso, produce adrenalina e ormoni per il combattimento o per la fuga – che sono i sistemi innati umani ed animali per fronteggiare i pericoli – può bloccare il respiro, o darne solo la sensazione, può disturbare l’intestino.
“È solo ansia!” “È solo stress!” “È psicologico, ma colpisce il corpo”. Ma siamo tutt’uno, corpo e mente!
Dire ansia è dire tutto e dire niente, perché ogni persona descrive gli stessi sintomi, con poche varianti.
Ma ogni persona è unica e nella sua storia si cela il messaggio, esclusivo, che sta dietro la sua sofferenza.
Così c’è l’ansia che segnala il conflitto in una situazione di crisi di vita attuale che riguarda l’ambito lavorativo o quello sentimentale; l’ansia come residuo di ricordi traumatici attivi, oppure di eventi rimossi; l’ansia che comunica della lotta tra un desiderio e la difesa contro di esso; l’ansia come risultato di credenze irrazionali su di sé; l’ansia che deriva dall’interiorizzazione di esperienze infantili con genitori nevrotici, manchevoli, apparentemente senza amore, indifferenti, problematici; l’ansia che viene dalle domande sul senso dell’esistenza, sul significato della vita e della morte. Nei casi di ansia generalizzata severa potrebbero combinarsi tutti questi fattori insieme. La brutta notizia è che ci vuole del tempo per poter trasformare tutto questo, la bella è che si può fare. L’ansia si può curare. Il “bello” dell’ansia è che ad un certo punto crea una urgenza, chiede di essere “curata”. Non è così per la depressione, disturbo che tende a far richiudere la persona che ne soffre in se stessa. La depressione è l’altra faccia della medaglia dell’ansia. Il disagio della modernità per eccellenza è l’ansia, non la depressione. La nostra epoca è quella dello stress, del corri corri, la società in cui “faccio, dunque sono” . E’ perfetta per mascherare la depressione, il senso di vuoto e di mancanza di significato tipico di questo disagio.
Poi c’è l’ansia, che nella sua forma principe, l’attacco di panico, blocca la persona e la costringe a fermarsi, a farsi delle domande, a prendersi cura di sé.
Bambini e famiglie
Ci si preoccupa sempre troppo di quale sia il modo migliore per gli adulti di educare i bambini, invece dovremmo sempre fermarci a riflettere su quello che i bambini hanno da insegnare, o ricordare, a noi.
Molte richieste sono venute dalle famiglie per problemi riguardanti i figli, dai 5 ai 14 anni circa. Mai come quest’anno ho avuto modo di fare esperienza del fatto che i bambini sono i veri terapeuti della famiglia. Tutti gli psicologi come me lo sanno perché in ogni libro di terapia individuale o della famiglia c’è scritto questo. La teoria è una cosa, ma vedere in diretta i bambini che rivelano quali sono i punti deboli della propria famiglia è davvero spiazzante, per noi a lavoro, ma soprattutto per i genitori che sono chiamati in causa ad affrontare i propri disagi rimasti sopiti per troppo tempo. Disagi che sono stati involontariamente trasmessi ai figli. I genitori portano i bambini dallo psicologo, ma poi i bimbi mostrano che prima bisogna lavorare sui genitori. Non senza resistenze! Le resistenze fanno parte del percorso perché sono difese che le persone hanno escogitato per sopravvivere a delle sofferenze. Quindi sono funzionali, utili ed adattive. Fino a che non servono più e andrebbero allentate e ammorbidite. Allo stesso tempo è emozionante assistere allo stupore dei bambini che vengono a conoscenza di fatti che riguardano i propri genitori e la propria famiglia allargata (i nonni, gli zii), eventi di cui conoscono benissimo la portata emozionale perché passa senza filtri, ma di cui non conoscevano la storia, la narrazione precisa. Un esempio: i bambini che avvertono e vivono intensamente il dolore della propria mamma ma non ne conoscono il perché. Questo “non sapere” può provocare problemi relazionali, emotivi o comportamentali nel bambino, a casa o a scuola. In una seduta familiare può emergere, ad esempio, che la mamma soffre ancora per la perdita del suo papà, o per un aborto avvenuto tanto tempo fa, oppure per un brutto rapporto mai elaborato con la propria madre. Così, nel corso di una seduta di terapia familiare, il bimbo in questione unisce l’informazione emotiva a quella cognitiva: l’emozione che sente nel corpo si lega alla spiegazione, il vero perché del dolore materno. E non si sente più in colpa. Quando i bambini non capiscono qualcosa, in particolare qualcosa di doloroso che tocca i genitori, sviluppano la credenza che sia colpa loro. Se apprende il motivo per cui la mamma soffre, realizza che non è colpa sua. Questo processo solleva enormemente il bambino che ha una visione egocentrica del mondo per cui, qualunque cosa succede intorno a lui, è merito o colpa sua.
Ovviamente non è sempre così, dipende dalle problematiche portate. Ma lo è molto spesso per disagi riguardanti difficoltà di gestione delle emozioni, problemi del comportamento, difficoltà scolastiche non dipendenti da problemi cognitivi, disagi nella socializzazione. Spesso dietro questi disagi dei bambini ci sono questioni irrisolte dei genitori con le proprie famiglie di origine, traumi non elaborati, lutti, ecc…
Il lavoro con le famiglie è stupendo perché le risorse che emergono dal campo familiare, dal sistema, sono moltiplicate per il numero dei componenti che ne fanno parte. La famiglia che si mette a lavoro esce sempre vincente e più forte: ogni singolo componente e il gruppo stesso.
In questo lavoro ho iniziato una preziosa collaborazione con una mia cara collega esperta in terapia familiare.
Donne e uomini
Gli uomini vanno in terapia? La risposta è sì, e molti di più di quello che si pensi. Le ragioni? Le stesse di quelle del mondo femminile: disagi nelle relazioni familiari, nelle relazioni sentimentali, problemi con i figli, disturbi dell’umore, problemi di svincolo dalla famiglia di origine, la richiesta di sostegno in fasi di cambiamento di vita fisiologiche, ma impegnative: separazioni, lutti, la nascita di un figlio, le difficoltà di avere bambini.
Le differenze del mondo maschile e di quello femminile sono tantissime, ma gli uni e le altre sono esseri umani che gioiscono e patiscono delle stesse cose della vita.
Rimango particolarmente sensibile alle problematiche che vengono da relazioni basate sulla violenza psicologica, soprattutto, sono profondamente turbata dal numero. La sudditanza psicologica è veramente frequente, la sottomissione sessuale, la violenza verbale, il ricatto economico sono più diffuse di quanto si pensi. E colpiscono donne di ogni età e di ogni ceto sociale. L’argomento merita una trattazione ampia e complessa, le domande sono tante, le situazioni estremamente variegate. Sento sempre una grande responsabilità e un gran privilegio quando mi trovo a sostenere ed accompagnare una donna che ha deciso, con tanta fatica, di uscire da una relazione distruttiva. E ne ho incontrate tante.
Il mondo della scuola
Lavoro come psicologa scolastica da più di dieci anni, ho sempre lavorato nelle scuole medie e per brevi interventi anche nelle scuole primarie. Il mondo della scuola è diventato estremamente complesso, sia per problemi vecchi e conosciuti, sia per problemi emergenti. I cambiamenti sociali sono molto repentini, non lo sono altrettanto le dinamiche psicologiche.
Il Progetto di Psicologia Scolastica con la collaborazione tra l’Ordine degli Psicologi Marche e l’Ambito territoriale sociale di Fermo ha mostrato quanto bisogno abbia la scuola di supporti specialistici ad ogni livello: dirigenti, docenti, studenti, genitori.
Per esempio il bullismo in ogni sua variante: l’attenzione che gli viene data oggi è molto elevata, per fortuna! Gli effetti del bullismo prolungato sulla vita di chi lo subisce sono veramente significativi, soprattutto in fase di formazione della propria identità: compromettono il senso del sé della persona, la sua vita intima, quella sociale. Quando incontro giovani adulti che mi narrano le sofferenze passate per aver subito bullismo, il pensiero si volge ai bambini ed ai ragazzi che incontro oggi. Penso all’importanza di stanare subito i comportamenti violenti, al peso della educazione emotiva e affettiva, alla collaborazione con le famiglie, soprattutto quelle più fragili e schive.
Il terremoto del Centro Italia
Quest’anno è stato caratterizzato da una tragedia che ha colpito la mia terra e quelle attigue, il terremoto del Centro Italia 2016- 2017. Il terremoto è l’evento naturale che maggiormente presentifica uno dei tratti distintivi dell’esistenza umana: l’incertezza e la caducità della vita. Questo tratto peculiare è spesso dimenticato da chi vive nella parte fortunata del mondo. Costruiamo la nostra vita cercando di conquistare ogni giorno piccole certezze: il lavoro, la casa, i rapporti con le persone care. Una volta acquisito un obiettivo proviamo a metterci alla prova con nuove sfide. Il tutto condito da sofferenze e problemi che possono colpire uno o più settori di vita, in primis quello affettivo o quello lavorativo.
Poi un giorno, o più frequentemente una sera, cambia tutto. La terra che ci ospita decide di assestarsi con un colpo secco. Fa quello che è nella sua natura, muta, si trasforma. La natura (e la vita) sono in continuo mutamento. E’ sotto gli occhi di tutti il ciclo delle stagioni. Piccoli mutamenti impercettibili, poi un giorno l’esplosione: autunno, inverno, primavera, estate .
Lo stesso accade alla crosta terrestre, è in continuo movimento. A volte il movimento è molto forte e scuote la terra, e le vite, di chi la abita.
Giusto un anno prima, settembre 2015, avevo deciso di conoscere e di specializzarmi in un approccio terapeutico ulteriore rispetto a quello che ho usato fin’ora, l’EMDR, una tecnica specifica e focalizzata per il trattamento dei traumi. Ci siamo mobilizzate con le colleghe del territorio e con l’associazione Emdr Italia per dare il nostro contributo alle persone colpite dal terremoto. Abbiamo fornito gratuitamente il nostro supporto specialistico alle persone ospitate nelle strutture ricettive nel Comune di Fermo per più di due mesi. E’ stata una esperienza umana e professionale straordinaria. Abbiamo lavorato con persone di ogni età, dai 2 ai 90 anni cercando di fronteggiare l’emergenza, ovvero dare sollievo allo shock derivato dalle scosse e dalle loro conseguenze, in primis la perdita della casa.
Una catastrofe naturale così vasta comporta conseguenze a lungo termine, quando manca una organizzazione sociale efficiente. Dopo lo shock iniziale c’è la fase di realizzazione della reale portata delle trasformazioni dovute all’evento, trasformazioni molto complesse da gestire: cambiamenti geografici del territorio, mutamenti sociali dovuti alla separazione di nuclei familiari o al loro ricongiungimento, forzati. Le ferite del terremoto hanno riaperto ferite interiori che i singoli individui avevano messo a tacere, le spaccature della terra hanno velocizzato dei processi di mutamento individuale che sono normalmente molto lenti. Da un lato si presenta la costrizione a dover fare i conti rapidamente con alcune questioni come cambiare città, cambiare casa, cambiare tessuto sociale, allontanarsi dalla famiglia di origine o ritrovarsi a viverci insieme sotto lo stesso tetto, cambiare lavoro, o allontanarsi significativamente dal luogo di servizio. Dall’altro c’è l’impatto con la lentezza estenuante della burocrazia e della ricostruzione.
Nel mio studio, e in quello delle colleghe, continuano ad arrivare persone che fanno i conti con questi mutamenti. Ho avviato tante proficue collaborazioni con molte brave colleghe del territorio.
Finché si chiede aiuto c’è speranza, si crede nella possibilità di una nuova vita. Nuove possibilità e tante risorse ci sono, sempre. Purtroppo molte persone sono realmente convinte di non farcela, di non avere altre possibilità e si lasciano andare.
Il terremoto è un evento naturale, diventa catastrofe solo se siamo impreparati. Serviranno case più forti e flessibili, ma non solo. Dobbiamo allenarci ad avere cuore e cervello più malleabili e resilienti.
Una riunione di supervisione delle psicologhe dell’Associazione EMDR Italia presso il mio studio.
In questo periodo di riposo cercherò refrigerio nella natura, leggerò, scriverò.
Buon riposo meritato a tutti e tutte.