Gli adulti, i genitori e gli insegnanti nel fenomeno del bullismo.

Gli adulti, i genitori e gli insegnanti nel fenomeno del bullismo

Limiti e definizioni per essere riconosciuti nel ruolo

Questo è il testo del mio intervento al convegno sul bullismo tenuto a Fermo il 1 aprile 2017

“Cosa prova una adulto (genitore, insegnante, educatore) quando ascolta le confidenze di un bambino o di un ragazzo? Quali reazioni ha quando viene a conoscenza che il proprio figlio o alunno ha subito un’offesa, un insulto, o un vero e proprio atto vessatorio? E se venire a sapere che il proprio ragazzo o ragazza è stato il protagonista ed ha effettuato  un atto di bullismo? Se invece  è stato uno spettatore?

Le reazioni degli adulti spaziano dall’incredulità al fastidio, dalla solitudine  all’impotenza, dalla tristezza alla rabbia.  I bambini vessati provano le stesse emozioni e gli stessi sentimenti: terrore, incredulità, solitudine, non capiscono cosa gli succede e perché capiti proprio a loro. Nella migliore delle ipotesi si rivolgono ad un adulto chiedendo conforto e aiuto. In altre situazioni sono gli adulti ad accorgersi che qualcosa non va.

In ogni caso genitori ed insegnanti  hanno il dovere di intervenire di fronte all’angoscia che può emergere da una confidenza di questo tipo, non si può  indietreggiare.

Il primo intervento da fare è accogliere la richiesta di aiuto con l’ascolto attivo ed empatico del ragazzo il quale deve avvertire che se ne può parlare. In secondo luogo è necessario distinguere la reale natura del fatto accaduto, valutare insieme se si tratta di un semplice scherno, fisiologico tra bambini,  se è uno scherzo pesante oppure se siamo di fronte ad un vero e proprio atto di bullismo. Capire questo con i ragazzi è fondamentale. E prendere provvedimenti conseguenti alla natura del problema.

In questa fase di discernimento si corrono due tipi di rischi: minimizzare fatti gravi oppure sopravvalutare delle normali dinamiche relazionali.

Cosa impedisce all’adulto di esercitare il suo ruolo? La mancanza di tempo, la superficialità, l’angoscia, il non saper che fare, l’incredulità di fronte al fatto che il proprio figlio, o alunno, sia capace di fare certe cose. Invece l’adulto non può tirarsi indietro nel suo ruolo e deve imparare ad avere a che a fare con un fatto innegabile: negli esseri umani, bambini compresi, esiste un lato oscuro con il quale bisogna imparare ad avere a che fare. Spesso non ci si sorprende quando certi fatti vengono dai ragazzi cosiddetti difficili. Altre volte si rimane dispiaciuti e increduli di fronte ad atti di esclusione sociale messi in atto da alunni generalmente “bravi” e quindi insospettabili.

Nella natura umana esistono il bene e il male, noi adulti dobbiamo guidare i nostri ragazzi, aiutarli e sostenerli nel coltivare il bene ed imparare ad arginare le pulsioni distruttive ed aggressive, presenti strutturalmente in noi.

Come possiamo essere riconosciuti nel ruolo gli adulti? Esistono due modi: la prevenzione attraverso l’educazione e l’intervento attivo  quando accadono fatti spiacevoli o gravi.

L’educazione affettiva ed emotiva, l’educazione etica e morale, l’educazione al limite e l’accompagnamento alla tolleranza alla frustrazione sono i capisaldi per la costruzione di una buona relazione con se stessi e con gli altri. E’ fondamentale insegnare a costruire significati intorno a tutto ciò che si fa, nel bene e nel male, insegnare la differenza tra le azioni che permettono di ottenere vantaggi superficiali e quelle che fanno conseguire vantaggi profondi, valorizzare la cooperazione a scapito dell’individualismo.

Tutto questo va trasmesso con empatia ed autorevolezza. I bambini imparano dall’esempio: se capiamo i loro sentimenti e ci mettiamo nei loro panni, a loro volta sapranno come fare quando si troveranno di fronte al proprio simile. Se siamo autorevoli e rispettabili, sapranno con chiarezza quello che si può fare e quello che non si deve fare, saranno in grado di riconoscere i propri errori e quelli degli altri.

Questo lavoro è più efficace se viene svolto in rete. La collaborazione e il confronto costruttivo, la condivisione delle difficoltà e dei successi tra tutte le agenzie educative, in primis la scuola e la famiglia,  garantiscono risultati concreti e tangibili.” 

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