Una volta superati l’incredulità e la paura, e dopo aver conosciuto la precisa dinamica dei fatti accaduti, il mio pensiero è subito andato al film tedesco “L’onda”, rappresentazione cinematografica dell’esperimento sociale realizzato in California nel 1967 dal professore Ron Jones.
L’esperimento nacque per far comprendere agli studenti le ragioni dell’ascesa del nazismo: l’insegnante Jones propose la creazione di un movimento autocratico da lui gestito con severità e con punizioni ed esclusione sociale in caso di infrazioni. L’eccessivo entusiasmo mostrato dagli studenti costrinse il docente ad interrompere la prova sperimentale dopo 5 giorni per evitare conseguenze nefaste.
Gli esiti drammatici sono immaginati e proposti nel film “L’onda”: una persona fragile, sola, con problematiche familiari e sociali trova conforto, senso di appartenenza, ideali a cui aderire nel movimento creato dal professore. La partecipazione al gruppo diventa acritica, la classe diventa aggressiva, e il più fragile, alla fine di una escalation di violenza, perde la testa e spara.
Vi ricorda qualcosa?
La realtà, purtroppo, spesso supera la fantasia più nera.
A Macerata ci siamo trovati di fronte a fatti di cronaca terribili, destabilizzanti e che richiedono una lettura critica profonda e complessa, che devono assolutamente andare oltre la forte sollecitazione emotiva che inevitabilmente recano con sé.
E’ doveroso costruire degli spazi di riflessione critica su quanto è accaduto, in famiglia e a scuola, prima trovando degli spazi per far defluire le emozioni in modo costruttivo, e poi parlando e discutendo in modo proficuo.
E’ essenziale proteggere i bambini e i ragazzi dai particolari macabri che nulla aggiungono alla comprensione e alimentano unicamente la pura e l’orrore.
Trovo che il film L’Onda possa essere un valido strumento di riflessione per le scuole superiori ed anche per le medie, a patto che alla proiezione segua una discussione guidata in modo consapevole dai docenti. Parlare, confrontarsi, seminare l’amore per la conoscenza di sé, dell’altro, della storia sono l’unico modo per dissolvere la paura e per poter costruire un senso dove un senso sembrerebbe non esistere.