Riconoscere la depressione cause e cura del male oscuro

Riconoscere la depressione: cause e cura del male oscuro

Dietro questo termine, molto utilizzato al giorno d’oggi, si nascondono numerose tipologie di disagio molto diverse tra di loro.

Sono depresso! può essere inteso come:

  • Sono triste: perché oggi piove e invece vorrei il sole, perché ho ricevuto una cattiva notizia, perché ho perso il lavoro, perché mi ha lasciato la ragazza
  • Sono abbattuto: perché piove sempre e non c’è mai il sole, perché vedo solo le cose brutte del mondo che mi circonda, perché in ogni relazione mi lasciano le ragazze che frequento e non capisco perché
  • Mi sono svegliato una mattina e non avevo la voglia, né la forza di fare nulla, non riuscivo ad alzarmi dal letto, né per uscire, né per lavorare, non provo né gioia né tristezza, sento il vuoto assoluto. E non so il perché
  • Non ho mai sentito nulla, né la gioia di vivere, né la tristezza, ho vissuto sempre in una atmosfera indefinita, gli altri mi hanno sempre dovuto dire cosa fare e come farlo. Non so bene chi sono e cosa vorrei dalla vita.

In questi esempi, semplici e semplificati per rendere l’idea, si possono notare diversi livelli di intensità del male di vivere.

La depressione è un disturbo complesso, profondo e multifattoriale

La depressione non è mai da confondere con la tristezza. C’è un abbassamento del tono dell’umore, ma non si può parlare di tristezza vera e propria, anche se a colpo d’occhio potrebbero sembrare simili.

La tristezza è una emozione, quindi un moto affettivo intenso e di breve durata, normale poiché svolge una funzione protettiva, ovvero recuperare le energie dopo un evento spiacevole.

Come si riconosce la depressione?

Fenomenologicamente è una assenza di emozioni, sia positive che negative.

Si manifesta con disturbi del sonno: ipersonnia ovvero un aumento abnorme della necessità di dormire o insonnia ovvero difficoltà di addormentamento, risvegli frequenti, sonno non riposante.

Si manifesta con disturbi dell’alimentazione: aumento o diminuzione abnorme dell’appetito, difficoltà a sentire i sapori dei cibi.

Si manifesta con problemi motori: iperattività o immobilismo. 

Si può esprimere con pensieri di autosvalutazione su se stessi, apatia, angoscia, disperazione, insoddisfazione, senso di impotenza, perdita della speranza, senso di vuoto, perdita della libido, difficoltà di memoria e di concentrazione. 

Ci sono tanti tipi di depressione diversi: Freud distinse tra due due tipi nel suo scritto Lutto e Melanconia, la depressione nevrotica e quella psicotica. Nella depressione nevrotica la realtà è vissuta come negativa, ma è conservato il rapporto con essa, nella depressione psicotica, invece, il rapporto con la realtà risulta compromesso. In entrambe sono riscontrabili delle perdite anche se con esiti molto diversi: dell’oggetto d’amore (che non è necessariamente il partner), di status, di senso della vita.

Alla luce degli studi clinici attuali, la distinzione tra nevrosi e psicosi resta sempre valida, ma possiamo discriminare tra  molti tipi di disturbo depressivo:

  • episodio depressivo maggiore;
  • disturbo depressivo persistente (distimia);
  • disturbo depressivo indotto da farmaci e quello dovuto a condizione medica (malattie oncologiche, diabete, ecc…);
  • disturbo depressivo con o senza altra specificazione.

Ci sono persone la cui depressione è visibile a colpo d’occhio, ma ci sono altri individui in cui la depressione è totalmente invisibile: persone attive, con una vita sociale e lavorativa intense.

Com’è possibile?

Quali sono le cause della depressione?

La depressione è sempre multifattoriale, quindi non c’è LA causa della depressione, ma ci sono sempre LE cause della depressione. Spesso emerge a seguito di un evento scatenante, ma si tratta della classica goccia che fa traboccare il vaso: ci si concentra sulla goccia, che è certamente importante, ma è indispensabile conoscere cosa abbia riempito quel vaso.

Le cause sono bio-psico-sociali.

Cause biologiche: predisposizione genetica al disturbo

La genetica non è il destino. Predisposizione genetica non significa che c’è un gene della depressione. Ci sono configurazioni biologiche tipiche, ma non si riesce ad identificare se queste siano causa o effetto della depressione (ad esempio, non si può stabilire se il deficit di un neurotrasmettitore è la causa o l’effetto della depressione).

Molte persone che seguo nella mia pratica clinica sono terrorizzate dal pensiero che nella propria famiglia ci sono numerosi casi di disturbi psicopatologici, e quindi, temono che il loro disturbo sia causato da un gene contro il quale non si può fare nulla perché sta lì, è scritto e quindi non si può modificare né farci nulla.

A parità di sintomi, i disturbi possono essere molto diversi tra di loro. Ad esempio l’ ansia nevrotica è ben diversa da quella psicotica, sia nel vissuto di chi ne soffre, sia nella prognosi che nella cura, anche se apparentemente si somigliano. Jacques Lacan, che era un filosofo ed uno psicoanalista, ma prima di tutto era uno psichiatra, sosteneva che l’ambiente familiare era più che sufficiente a spiegare la trasmissione del disturbo.

Bisogna considerare che la genetica è stata ampiamente sostituita dall’epigenetica, quella branca della scienza che studia gli effetti delle esperienze di vita sul corredo genetico. Oggi sappiamo che l’ambiente, cioè quello che viviamo, modifica i geni! Ci sono tantissimi studi scientifici che dimostrano questo! A tal proposito si può leggere il libro di Changeux: Il bello, il buono, il vero, edito da Cortina Raffaello nel 2013.

Cause psicologiche: possono essere individuali e familiari.

Le prime esperienze di attaccamento con la madre, lo stile affettivo genitoriale, l’ambiente educativo, lutti, malattie, esperienze amicali ed esperienze affettive possono dar luogo a tensioni e conflitti prolungati nel tempo, che se restano irrisolti o inconsci  possono trasformarsi in veri e propri disturbi.

Ogni persona è diversa, unica ed irripetibile, non si può stabilire una relazione precisa di causa/effetto tra ciò che si è vissuto e l’effetto depressivo.

Però si può riscontrare un elemento comune in tutte le depressioni: il non farcela più, l’arrendersi perché si sono esaurite le energie. Non a caso, in passato, la depressione si chiamava esaurimento nervoso

Posso fare solo alcuni esempi: il perfezionismo, l’essere sempre a disposizione degli altri, soddisfare pedissequamente le aspettative degli altri, dimenticare i propri desideri e le proprie aspirazioni, non trovare mai l’equilibrio tra il dovere ed il piacere, non ascoltare la propria voce interiore che dice basta!, sentirsi inutili ed incapaci, sentirsi impotenti perché si è cresciuti con qualcuno che gridava sempre sei un buono a nulla!, lavorare fino a sfinirsi, oppure non avere il coraggio di buttarsi in alcuna impresa.

Tutte queste esperienze possono essere vissute in alcuni momenti della vita e non portare necessariamente alla depressione, ma in ogni depressione conclamata se ne riscontra la loro esasperazione.

Cause sociali

Gli esseri umani sono immersi in una società, in una cultura che influenza profondamente a livello individuale e familiare. Questa influenza è spesso inconsapevole.

Nella nostra società moderna occidentale emergono alcune caratteristiche tipiche:

  • è più importante l’avere rispetto all’essere: spesso si misura il valore della persona in base a quello che sa fare e che produce, non si dà abbastanza valore all’importanza dell’anima persona, al suo essere importante per il semplice fatto di esistere;
  • il rapporto tra il lavoro ed il riposo va totalmente a scapito del secondo: il tempo libero è spesso vissuto come un mero far niente, come se non servisse a nulla, le vacanze sono spesso considerate un lusso, invece il corpo e la mente hanno la necessità fisiologica di un periodo di recupero e di stimoli nuovi di cui nutrirsi;
  • la non accettazione della perdita come fase naturale della vita. L’esistenza è un continuo succedersi di guadagni e di perdite: la semplice esperienza di crescita di un bambino lo mostra ad ogni istante, man mano che diventa grande acquista autonomia, competenze ed abilità, ma perde i privilegi consentiti all’infanzia. Le storie sentimentali iniziano con un miglioramento del senso di sé e della vita, ma se emergono incompatibilità o se si esaurisce il sentimento, la naturale conclusione è la fine della relazione. È certamente doloroso, ma indispensabile.

La salute fisica al giorno d’oggi viene vista come un diritto acquisito per nascita: lo possiamo credere grazie agli enormi progressi fatti dalla medicina. È un fatto che la salute umana abbia beneficiato di enormi miglioramenti nell’ultimo secolo, ma questo ci fa spesso dimenticare che non è tutto sotto il nostro controllo, anzi, sono maggiori le cose che non sono sotto il nostro controllo!

Quale cura per la depressione?

Per problemi complessi, servono soluzioni articolate.

Sono indispensabili cure specifiche, professionali, svolte da persone competenti: psicoterapeuta e psichiatra.

La prima cosa da fare è una corretta diagnosi: quali sono i sintomi lamentati? Quando sono iniziati?

Da quanto tempo sono in corso? Queste sono le prime domande che un clinico potrebbe rivolgere alla persona che decide di curarsi per un primo orientamento sul problema. Un conto è avere a che fare con un primo esordio dell’episodio depressivo, un altro conto è avere a che fare con un problema che persiste da vent’anni.

Poi si allarga lo sguardo sulla vita della persona: la vita relazionale, quella affettiva e lavorativa, la filosofia di vita, i valori in cui crede, quello che ha trascurato, schemi affettivi e schemi di cognitivi e di pensiero, punti deboli e risorse.

Il colloquio clinico ha l’apparenza di una comune chiacchierata, è fondamentale che la persona si senta a suo agio per rivelare i suoi aspetti più intimi, in realtà da questo dialogo il terapeuta estrapola tutte le informazioni utili ad orientare la cura, e il paziente sente se può fidarsi o meno di quel medico o di quel terapeuta.

La diagnosi non è una etichetta per schedare una persona, è una cornice di riferimento per capire quali sono gli aspetti su cui lavorare per migliorare la salute psichica della persona che soffre.

Le manifestazioni esterne della depressione sono facilmente riscontrabili, la vera diagnosi non è quella.

La reale sfida è capire come e perché la persona sia arrivata a quel livello di malessere. Se si comprende questo, si può progettare la strada per tornare ad un livello di salute auspicabile.

Così può emergere che la persona si sente una nullità, oppure che si sente impotente, indipendentemente dai risultati raggiunti nella vita reale. Lo dimostrano le depressioni nefaste degli artisti, famosi cantanti o frontman di band musicali famosissime: hanno famiglia, fama, successo, denaro, eppure si portano dietro un malessere che sicuramente nasce da molto lontano.

Può venire fuori che la persona non sa dire di no in modo estremamente patologico per se stessa, adattandosi costantemente alle richieste altrui perdendo di vista i propri desideri, la propria stanchezza, e sottoponendo il suo corpo e la sua mente ad uno stress talmente elevato che arriva il giorno in cui non riesce più ad alzarsi dal letto.

Come si può arrivare a questo punto? Perché quando si adotta un comportamento in modo costante e per tutta la vita, sin da piccolissimi, si impara ad ignorare i segnali del corpo ed a tirare avanti, in un certo qual modo ci si abitua, fino a quando arriva il black out.

Gli esempi che ho trattato sono quelli più subdoli perché descrivono un modo di vivere della persona, dall’esterno non sembrano cause sufficienti per lo sviluppo di una depressione e questo aggrava il sentire di chi ne soffre che non si sente compreso.

In questi casi servirebbe una revisione completa e profonda del proprio modo di stare al mondo. È una operazione lenta, complessa, oggettivamente difficile.

Alcune persone non riescono davvero ad immaginare di reagire in un modo diverso da quello che hanno fatto fino a quel momento. Non tutti vogliono o possono farla, anche se un disturbo importante come la depressione può costituire un ottimo trampolino di lancio per vivere una vita degna di questo nome.

Poi ci sono i casi eclatanti: vite costellate da lutti, malattie, violenze, dove è più facile comprendere perché si sia sviluppato un disturbo depressivo. Anche qui la strada per stare bene è irta di difficoltà, ma se si vuole, se si ha la forza, è ampiamente dimostrato che il nostro cervello può superare qualsiasi tipo di trauma.

Purtroppo è molto difficile che qualcuno che soffre di depressione chieda aiuto, a differenza di chi soffre di attacchi di panico, dove i sintomi stimolano una grande urgenza nella ricerca di una cura

La persona depressa si rivolge ai professionisti adatti solo se costretto da sintomi molto invalidanti, oppure se spinto da persone care vicine. C’è molta resistenza alla cura, ed è questo l’ostacolo più arduo da superare. 

La terapia farmacologica nella depressione

Va sempre gestita da un medico specialista, uno psichiatra.

La terapia farmacologica in alcuni casi è indispensabile, in altri può essere evitata: la valutazione va sempre fatta dal medico curante, dallo psicoterapeuta di riferimento e, soprattutto, deve essere gestita in collaborazione con la persona che soffre di depressione.

Le fantasie intorno ai farmaci per la depressione si possono sintetizzare in due grandi gruppi:

  • la panacea per tutti i mali, la soluzione magica che fa sparire ogni problema;
  • il nemico assoluto, la droga che dà dipendenza e che diventa un ulteriore problema da gestire.

Sono fantasie, legittime, hanno un senso per le persone che le vivono, ma niente di più.

I farmaci non sono la bacchetta magica e non sono una droga che dà dipendenza, nascono per aiutare le persone a stare meglio, in alcuni casi sono indispensabili e non utilizzarli significa condannarsi a soffrire inutilmente, ad esempio nella depressione psicotica.

La terapia medica serve per sostenere la persona nel periodo in cui è necessario, sotto stretto controllo medico e con una informazione capillare ed accurata del paziente su obiettivi, posologia e controindicazioni. La dipendenza non viene dal farmaco in sé, viene del significato che gli attribuisce la persona e dall’uso che ne fa. Se si assumono quando si vuole, e non in base alle indicazioni del medico che segue, è molto probabile sviluppare una dipendenza.

In questo articolo ho trattato un argomento vasto e complesso con l’obiettivo di trasmettere alcune conoscenze che vengono dai miei studi e dalla mia esperienza clinica. Ho semplificato alcuni concetti molto complessi per ragioni di divulgazione, con l’obiettivo di far riflettere su alcuni aspetti.

Ricordo che la diagnosi va sempre fatta nel corso di una consulenza professionale dal vivo effettuata da specialisti, psicologi, psicoterapeuti o psichiatri e da nessun altro.

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