Succede che gli eventi della vita possono far ritrovare improvvisamente a dover ricominciare tutto da capo: lavoro, casa, status sociale.
La fine di un amore, la perdita del lavoro, dover cambiare mestiere, la scomparsa di una persona cara, perdite finanziarie, trasferirsi in una nuova casa, in una nuova città.
Il cambiamento mette in crisi. Soprattutto se non è voluto.
La crisi induce a rivedere abitudini, schemi, convinzioni.
Costringe a guardarsi dentro ed a domandarsi:
“Ho sbagliato qualcosa?”
“Ho fatto bene?”
“Cosa ho sbagliato?”
“Cosa è dipeso da me?”
“Cosa è dipeso da altro e da altri?”
Una analisi corretta prevede tutte le questioni sopracitate.
Il passo successivo è chiedersi:
“Cosa voglio fare ora?”
“Cosa posso fare ora?”
“Cosa ho a disposizione?”
“Quali sono i miei limiti?”
“Come posso affrontare i miei limiti?”
“Chi può affiancarmi per sostenermi, indirizzarmi, aiutarmi? Persone care, istituzioni, professionisti?”
“Come mi muovo concretamente?”
La parola crisi viene dal latino crisis, e dal greco κρíσις che significa «scelta, decisione, fase decisiva di una malattia»; a sua volta deriva da κρíνω che indica «distinguere, giudicare.»
La crisi mette in difficoltà perché bisogna tagliare, eliminare, perdere qualcosa o qualcuno: il lavoro, la casa, la persona amata, una idea, un progetto, una speranza, un modo di essere, un difetto, una zona di comfort.
Lasciare andare però fa spazio: è nostra responsabilità come impiegare questo nuovo campo libero.
Prendersi la responsabilità significa accettare dei rischi.
Cosa scegli?
Ti aggrappi al ricordo di ciò che hai perso? Ti culli nel rimpianto e nel sentimento di ingiustizia? Coltivi la rabbia per quello che poteva essere e non è stato? Te la prendi con chi è intorno a te? Alimenti il rancore e lo impieghi come alibi?
Oppure
Cerchi un sostituto sufficientemente simile al perduto? Cerchi un surrogato? Oppure ti concederai qualcosa che sia a tua misura? Qualcosa di completamente diverso? Sei pronto per il nuovo? Hai mai pensato che perdere qualcosa di conosciuto può aprire la strada ad un inaspettato migliore?
I cambiamenti di vita spesso irrompono come un terremoto inducendo a mutamenti interiori.
Ma non sempre è così. Spesso sono le modificazioni psicologiche interiori a precedere e preparare la strada alle trasformazioni esterne.
Ad un certo punto non importa cosa viene prima e cosa viene dopo.
Conta che bisogna prendere atto: qualcosa è cambiato.
Fermarsi. Riflettere. Progettare. Ripartire.
Chi e cosa ostacola questo iter?
La rigidità, la mancanza di flessibilità, ma soprattutto la paura: di allontanarsi dal noto e dal familiare, di attraversare le emozioni più dolorose, di essere considerati perdenti o deboli, dell’inadeguatezza, del giudizio proprio e di quello altrui, di sbagliare.
Quali rischi si corrono se non si ha il coraggio di guardare e andare avanti?
L’acqua deve scorrere e respirare, altrimenti diventa stagnante.
E la stagnazione è insalubre, porta malattie.
Ansia, depressione, ipocondria, indecisione cronica, rabbia patologica.
A piccole dosi, questi sintomi rappresentano un tentativo di soluzione al disagio che viene da un cambiamento non voluto.
Se si prolungano troppo a lungo possono diventare cronici, limitare la serenità, ostacolare la crescita – interiore ed esteriore – che ognuno di noi è chiamato a compiere.